Testimonianze
Vengono presentati tre tipi di testimonianze: le storie dei rifugiati, i percorsi di integrazione visti dal punto di vista dei professionisti e le iniziative raccontate dalle persone che le attuano. Essi mostrano che un'integrazione professionale di successo richiede il coinvolgimento congiunto di diversi attori. Possono essere raggiunti direttamente o tramite parole chiave.
L'Isola di Ariel, Italia
L'Isola di Ariel è una cooperativa sociale italiana che lavora con persone svantaggiate come i pazienti psichiatrici e i nuovi migranti, soprattutto richiedenti asilo (l'85% non ha ancora ricevuto un titolo di protezione). Questo essere sospesi in una sorta di limbo genera molta frustrazione. I professionisti de L'Isola di Ariel gestiscono l'intero processo, dalla prima accoglienza fino all'inserimento sociale e lavorativo. I loro metodi di cura sono fortemente influenzati dall'approccio antropologico e antipsichiatrico. A titolo di esempio utilizzano la pratica di apparecchiare il tavolo con pazienza e cura, come simbolo del rapporto con l'altro; questa pratica è mutuata dalla lunga esperienza fatta nel campo socio-sanitario (in un appartamento di soggetti psichiatrici gli operatori preparano accuratamente il tavolo e aspettano pazientemente che gli ospiti si siedano per condividere e imparare a preparare il tavolo per sé e per gli altri). Dalla considerazione che una tavola imbandita facilita il dialogo e la relazione, questa cooperativa considera il cibo come un potente mezzo sociale per favorire lo scambio, la contaminazione tra persone con culture diverse. Il cibo può anche essere un catalizzatore per l'inclusione sociale e lavorativa. I nuovi arrivati hanno bisogno di essere aiutati a costruirsi e questo è più facile se vengono inclusi il prima possibile in un contesto sociale e lavorativo. Qualificare i migranti e i richiedenti asilo nel campo della cucina è un modo per fornire ai nuovi arrivati l'autonomia e la capacità di lavorare. Prima vengono inseriti in un contesto lavorativo, ad esempio in un tirocinio o nel volontariato, prima migliorano il loro linguaggio e le loro abilità trasversali. A Torino sono state create tre locande specializzate in cucina mediterranea ("La Locanda Clandestina"), dove lavorano squadre multiculturali e il cibo è una contaminazione di cucina mediterranea ed etnica.
Un altro progetto analogo realizzato in Piemonte è "Food for Inclusion", frutto di una partnership tra l'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e l'UNHCR. I corsi sono specificamente dedicati ai rifugiati e ai richiedenti asilo, basati su tecniche di cucina, cucine miste e tradizioni gastronomiche del mondo.
Integrazione professionale e sociale di successo grazie alla volontà intrinseca di perseguire i propri obiettivi
Yunan ha 25 anni quando arriva in Francia nel 2017. E' fuggito con i suoi genitori e la sorella dall'Iraq dilaniato dalla guerra. Hanno raggiunto l’Alta Loira per congiungersi con la comunità irachena installata della pianura di Ninive. Sono accolti da una parrocchia cattolica, di cui fa parte la sua fidanzata. Il sostegno fornito dalla parrocchia permette a Yunan e alla sua famiglia di essere ospitati in un ambiente in cui i contatti con i francesi sono quotidiani. Supportati nelle loro procedure amministrative, beneficiano della rete di volontariato per le spese materiali e di spostamento.
Qualche mese dopo gli è concesso lo status di rifugiato. Yunan è molto attivo e partecipa volontariamente ai lavori di ristrutturazione e trova lavoro come decoratore e stuccatore grazie alla rete dei volontari. Yunan chiede di rinviare la formazione linguistica prescritta dall'Ufficio francese per l'immigrazione e l'integrazione al momento della firma del contratto di accoglienza e integrazione.
Quindi è attraverso il contatto con i volontari e poi con i suoi colleghi al lavoro che Yunan acquisisce le nozioni di base in francese e sviluppa le prime abilità orali. A livello personale, Yunan si sposa nella comunità irachena di Le Puy. Pochi mesi dopo, consapevole dell'importanza della padronanza del francese scritto, Yunan contatta l’ufficio locale Greta (in Francia è un raggruppamento di enti pubblici che offre formazione agli adulti) per iniziare la formazione linguistica obbligatoria prescritta dall'Ufficio Immigrazione, anche se possiede già un livello A1 nella lingua parlata. La formazione si orienta quindi principalmente al lavoro di scrittura in modo che Yunan possa acquisire nuove responsabilità all'interno dell'azienda in cui lavora. Infatti, anche se l'istruzione superiore che ha seguito in Iraq non è nel settore delle costruzioni, è stato formato in team management e il suo attuale datore di lavoro è intenzionato a offrirgli una posizione di team leader.
Yunan dice di voler perseguire nel paese di accoglienza gli obiettivi che aveva nel suo paese d'origine, vale a dire fare un lavoro di responsabilità, creare una famiglia e costruire una casa. Per Yunan, la chiave per raggiungere i suoi obiettivi è la disponibilità che mette in campo, in particolare nel suo lavoro, così come il desiderio di partecipare alla "vita della città". Desidera richiedere la nazionalità francese e si è iscritto al test TCF che convaliderebbe il suo livello B1 in francese per poter presentare il fascicolo di domanda di naturalizzazione in futuro.
Il successo di questa integrazione professionale e sociale sembra avere due cause principali:
- La disponibilità e la determinazione di Yunan a perseguire obiettivi intrinseci.
- Il sostegno della comunità parrocchiale che ha accolto la famiglia di Yunan.
Il volontariato come occasione di apprendimento linguistico e accelerazione all’inserimento lavorativo
“Sono arrivata in Francia con mio marito e mio figlio; ero incinta. Conoscevo solo poche parole di francese: «ciao», «arrivederci», «grazie», «non capisco». Avevo studiato musica in Georgia dove lavoravo da 11 anni come insegnante di musica e canto. Dal mio arrivo in Francia il mio primo obiettivo è stato imparare la lingua. Guardavo molto la TV e seguivo i compiti scolastici di mio figlio e questo mi ha aiutato a migliorare il mio francese. Ho fatto la formazione obbligatoria e molti corsi di francese quando ero al CADA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo). Poi, dopo aver firmato il contratto di accoglienza e integrazione sono stata inviata all’ufficio GRETA (in Francia è un raggruppamento di enti pubblici per l’educazione degli adulti). Successivamente ho fatto altra formazione di 600 ore con il Centro per l’Impiego.
Imparare la lingua mi ha aperto le porte: ero in grado di parlare e spiegare ciò di cui avevo bisogno; potevo esprimermi e dire ciò che pensavo. Qui la gente pensa liberamente e non bisogna avere paura di parlare.
Il contatto con l'assistente sociale del centro per i richiedenti asilo è stato molto importante. Volevo continuare a lavorare nel campo della musica come insegnante e dovevo trovare qualsiasi cosa da fare. Così dopo la nascita del mio secondogenito, mi sono offerta come volontaria all'asilo e in chiesa per i festival musicali dove suonavo uno strumento del mio paese. Ora suono per le feste di quartiere, con l'orchestra sinfonica del conservatorio musicale e canto in un coro come solista. Un giorno mi è stata offerta una sostituzione al conservatorio come insegnante di pianoforte. Da allora faccio numerose sostituzioni.
In Francia c’è molta assistenza sociale, soprattutto a livello sanitario. Sono stata seguita molto bene durante la maternità del mio secondo figlio. Qui le donne hanno più diritti, ma non ho trovato grosse differenze di mentalità rispetto al mio paese; abbiamo le stesse feste religiose. Inoltre io vivevo in una piccola cittadina, proprio come qua. Mio figlio si è adattato molto bene.
L'anno scorso io ho conseguito il livello B1 e ho potuto richiedere la naturalizzazione. Oggi sono molto felice di essere in Francia"