Testimonianze
Vengono presentati tre tipi di testimonianze: le storie dei rifugiati, i percorsi di integrazione visti dal punto di vista dei professionisti e le iniziative raccontate dalle persone che le attuano. Essi mostrano che un'integrazione professionale di successo richiede il coinvolgimento congiunto di diversi attori. Possono essere raggiunti direttamente o tramite parole chiave.
Prevenire malintesi nella comunicazione
Omar è un uomo siriano che lavora come operaio non qualificato in cucina.
All'inizio del suo lavoro, non mangiava mai con i suoi colleghi durante la pausa pranzo e insisteva a rimanere in cucina mentre tutti gli altri dipendenti e il suo manager pranzavano insieme.
In Danimarca non pranzare con i colleghi è considerato scortese e socialmente imbarazzante. Dopo l’insuccesso di numerosi tentativi con cui il suo responsabile e i colleghi hanno cercato di convincerlo ad unirsi con loro a pranzo, Omar è stato convocato per un chiarimento. Così il suo capo ha scoperto che in Siria mangiare con personale dirigente non è comune e che Omar considerava suo dovere rifiutare gli inviti; nel suo paese accettare l'offerta sarebbe stato visto come un eccesso e come un segno di mancato rispetto verso i suoi capi.
Quando il manager ha capito che l’assenza di Omar alle pause pranzo collettive non era dovuta al fatto che non gli piacessero i suoi colleghi, ma era in realtà un modo di omaggiare il personale dirigente, è rimasto sorpreso, ma anche sollevato. Durante il colloquio hanno parlato a lungo delle regole e delle aspettative non scritte in un posto di lavoro danese e il manager ha spiegato che in Danimarca è pratica comune per i dirigenti e i dipendenti mangiare insieme perché il posto di lavoro non è così gerarchico come in Siria.
Omar ha così iniziato a partecipare alle pause pranzo sociali (anche se all’inizio l’ha trovato un po' sconveniente). Oggi è molto ben inserito nel gruppo di lavoro e il suo responsabile è molto soddisfatto di lui.
Una valutazione delle competenze seguita da un processo di integrazione completo che include tirocini in azienda
La signora S, francofona, è arrivata in Francia dal Camerun nel 2011 nell'ambito di un ricongiungimento familiare. Aveva 45 anni e aveva lavorato diversi anni in Africa nel commercio, come commessa. Non era mai andata a scuola ed era analfabeta, ma sapeva far di conto ed era brava in matematica.
Entro tre mesi dal suo arrivo in Francia ha firmato il contratto di accoglienza e integrazione. L'Ufficio Immigrazione le ha prescritto corsi di lingua con l'obiettivo principale di sviluppare le competenze scritte e migliorare l'espressione orale e la comprensione. Anche il suo vocabolario doveva essere arricchito perché nel suo paese utilizzava per lo più un dialetto locale.
La signora S. ha quindi seguito il corso obbligatorio di lingua francese, ma anche un altro corso, sempre finanziato dall'Ufficio Immigrazione. Contemporaneamente si è sottoposta a un bilancio di competenze, prescritto dall'Ufficio Immigrazione nell'ambito del contratto di accoglienza e integrazione. Tale valutazione le ha permesso di conoscere e identificare le competenze acquisite nel corso della sua vita lavorativa anche se informale, e quindi non giustificabili con documenti ufficiali.
Al termine della sua formazione linguistica, la signora S. non pensava di lavorare, poiché il marito era in pensione con risorse sufficienti a mantenere entrambi.
Tuttavia, dopo un po' di tempo, alcune difficoltà famigliari l'hanno portata a prendere in considerazione la ricerca di un lavoro. Aveva identificato l'ufficio Greta (in Francia è un raggruppamento di enti pubblici che si dedica alla formazione degli adulti) come un luogo "risorsa" per il supporto pedagogico ricevuto dal personale durante la partecipazione ai corsi. Così ha contattato nuovamente Greta per essere aiutata nella ricerca del lavoro. Ha dovuto registrarsi al centro per l'impiego e poi, nel settembre 2013, ha partecipato a un corso di formazione per la preparazione al lavoro. Questa formazione, finanziata dalla Regione Auvergne, le ha dato diritto a uno stipendio, che le ha permesso di coprire le spese di base ma anche di superare gli ostacoli legati alla mobilità, dato che viveva in un villaggio a 20 km dal centro di formazione. Grazie a questo corso, la signora S. ha potuto conoscere l'ambiente di lavoro francese e le esigenze dei datori di lavoro locali. Ha anche potuto comprendere meglio il funzionamento amministrativo. L'esperienza di stage in azienda le ha permesso di conoscere lavori che non conosceva, di acquisire comportamenti professionali, sviluppare la sua esperienza in una posizione in cui le sue precedenti competenze erano riutilizzabili; ma soprattutto, S. ha saputo dimostrare di possedere alcune competenze trasversali particolarmente apprezzate dai datori di lavoro: adattabilità, dinamismo e investimento personale sul posto di lavoro. La pratica lavorativa dello stage è stata essenziale nel percorso di integrazione della signora S. per diversi motivi: 1) non aveva alcuna esperienza nel lavoro di servizi domestici (le sue precedenti esperienze non potevano essere trasposte come tali nel contesto lavorativo francese); 2) sarebbe stato difficile per lei contattare da sola le aziende, 3) era difficile per lei parlare di ciò che sapeva fare e quindi difendere la sua candidatura durante i colloqui di lavoro. Questi periodi di pratica hanno permesso alla signora S. di mostrare ciò che era in grado di fare e di dimostrarlo al datore di lavoro. Alla fine, questi periodi di tirocinio hanno permesso di eliminare i preconcetti da entrambe le parti.
Il ruolo del formatore è stato importante come mediatore tra il datore di lavoro e la signora S., prima di tutto per decodificare e chiarire le aspettative di entrambe le parti (presentazione degli obiettivi del tirocinio al datore di lavoro ma anche degli obblighi del tirocinante). Il follow-up durante il tirocinio ha permesso di chiarire le questioni di entrambe le parti. Una volta stabilito un rapporto di fiducia, il formatore ha condotto la negoziazione di un contratto di lavoro semestrale sovvenzionato dallo Stato.
La flessibilità del sistema di formazione ha permesso di costruire un programma di integrazione su misura in cui sono stati individuati i problemi da superare. Il follow-up post-formazione condotto da un formatore ha permesso di rafforzare i legami tra la signora S. e il suo datore di lavoro e, al termine di questo primo contratto, ha potuto firmarne uno a tempo indeterminato.
Il successo dell'integrazione professionale è dovuto principalmente al concetto di percorso di integrazione. La padronanza della lingua francese è stato il primo ostacolo da superare, in particolare nella comunicazione orale. Il supporto del formatore ha permesso di compensare la mancanza di competenze scritte. La formazione pre-occupazione ha portato alla comprensione della legislazione del lavoro e dei codici di condotta esistenti nell'ambiente di lavoro, alla conoscenza delle possibilità di impiego nell'area del tirocinio e alla conoscenza di professioni e competenze. Ha anche permesso di effettuare periodi di pratica in azienda con un supporto che ha creato fiducia dissipando i possibili timori di entrambe le parti. Questi periodi di pratica sono stati decisivi per la signora S. che ha potuto dimostrare le sue capacità.
Integrazione professionale e sociale di successo grazie alla volontà intrinseca di perseguire i propri obiettivi
Yunan ha 25 anni quando arriva in Francia nel 2017. E' fuggito con i suoi genitori e la sorella dall'Iraq dilaniato dalla guerra. Hanno raggiunto l’Alta Loira per congiungersi con la comunità irachena installata della pianura di Ninive. Sono accolti da una parrocchia cattolica, di cui fa parte la sua fidanzata. Il sostegno fornito dalla parrocchia permette a Yunan e alla sua famiglia di essere ospitati in un ambiente in cui i contatti con i francesi sono quotidiani. Supportati nelle loro procedure amministrative, beneficiano della rete di volontariato per le spese materiali e di spostamento.
Qualche mese dopo gli è concesso lo status di rifugiato. Yunan è molto attivo e partecipa volontariamente ai lavori di ristrutturazione e trova lavoro come decoratore e stuccatore grazie alla rete dei volontari. Yunan chiede di rinviare la formazione linguistica prescritta dall'Ufficio francese per l'immigrazione e l'integrazione al momento della firma del contratto di accoglienza e integrazione.
Quindi è attraverso il contatto con i volontari e poi con i suoi colleghi al lavoro che Yunan acquisisce le nozioni di base in francese e sviluppa le prime abilità orali. A livello personale, Yunan si sposa nella comunità irachena di Le Puy. Pochi mesi dopo, consapevole dell'importanza della padronanza del francese scritto, Yunan contatta l’ufficio locale Greta (in Francia è un raggruppamento di enti pubblici che offre formazione agli adulti) per iniziare la formazione linguistica obbligatoria prescritta dall'Ufficio Immigrazione, anche se possiede già un livello A1 nella lingua parlata. La formazione si orienta quindi principalmente al lavoro di scrittura in modo che Yunan possa acquisire nuove responsabilità all'interno dell'azienda in cui lavora. Infatti, anche se l'istruzione superiore che ha seguito in Iraq non è nel settore delle costruzioni, è stato formato in team management e il suo attuale datore di lavoro è intenzionato a offrirgli una posizione di team leader.
Yunan dice di voler perseguire nel paese di accoglienza gli obiettivi che aveva nel suo paese d'origine, vale a dire fare un lavoro di responsabilità, creare una famiglia e costruire una casa. Per Yunan, la chiave per raggiungere i suoi obiettivi è la disponibilità che mette in campo, in particolare nel suo lavoro, così come il desiderio di partecipare alla "vita della città". Desidera richiedere la nazionalità francese e si è iscritto al test TCF che convaliderebbe il suo livello B1 in francese per poter presentare il fascicolo di domanda di naturalizzazione in futuro.
Il successo di questa integrazione professionale e sociale sembra avere due cause principali:
- La disponibilità e la determinazione di Yunan a perseguire obiettivi intrinseci.
- Il sostegno della comunità parrocchiale che ha accolto la famiglia di Yunan.
Accompagnamento di un migrante
Maria, 32 anni, venezuelana, ha presentato domanda di asilo in Spagna 10 mesi fa. In Venezuela, lavorava nel settore bancario. Non ha chiesto l'equipollenza del suo diploma. La maggior parte degli immigrati non lo fa, pensando che non sia necessario o perché non possono permettersene i costi.
Avendo perso i documenti legali, si è ritrovata “senza documenti”. Aveva l’urgenza di doversi pagare una stanza in affitto; così con l'aiuto di un consulente professionale, ha pubblicato un annuncio per fare i lavori domestici. Ha lavorato come collaboratrice domestica in modo informale in attesa dei documenti legali.
Quando la sua situazione è stata regolarizzata, ha cercato altre opportunità e ha trovato lavoro in una società di telemarketing.
È una persona con un'alta motivazione, capacità di ricerca di lavoro e competenze digitali. Il sostegno ricevuto si è concentrato sulla ricerca di un alloggio, sul funzionamento del mercato del lavoro spagnolo e sulla sicurezza sociale. È stata coinvolta in sessioni individuali, non potendo partecipare alle sessioni di gruppo a causa del suo orario di lavoro.
In questo caso i professionisti si sono adattati alla situazione personale della neo-immigrata, aiutandola ad affrontare una situazione economica critica all'inizio e a sviluppare una nuova carriera dopo che la sua situazione giuridica si è regolarizzata. Inoltre, si sono concentrati sull'apprendimento di base sulle procedure del sistema sociale e del lavoro spagnolo.
Il ruolo del mentoring
Khawla, 36 anni, è una donna siriana arrivata in Danimarca nel 2014. Come molti altri “nuovi danesi”, ha avuto difficoltà a trasferire le sue precedenti esperienze del sistema educativo e del mercato del lavoro siriano in un contesto danese. In Siria, ha ottenuto una laurea in giurisprudenza corrispondente a una laurea di primo livello secondo gli standard danesi. Tuttavia, ha rapidamente iniziato la formazione professionale per diventare assistente sociale.
Si è iscritta a un programma di mentoring in cui le è stato assegnato un mentor. Questi ha giocato un ruolo chiave nel suo futuro aiutandola a orientarsi nel sistema locale. Khawla si è resa conto che le piacevano le scienze matematiche e che aveva voglia di formarsi per trovare un lavoro in questo campo. Il suo mentor l’ha aiutata a fare ricerca in diverse aziende in Danimarca; alla fine hanno convenuto che la formazione ingegneristica sarebbe stata appropriata per lei. Inoltre, si tratta di un settore a carenza di manodopera. Khawla sta attualmente seguendo un corso preparatorio e si attende di essere ammessa ad una scuola di ingegneria.
Partecipazione ad un programma di stage in azienda
Rania è una rifugiata siriana. Ha 36 anni. È arrivata in Danimarca nel luglio 2014 con il marito e i loro figli. Possiede una laurea in Letteratura Inglese conseguita presso l'Università di Damasco.
All'inizio del 2016 Rania è stata inserita in un tirocinio a Novo Nordisk all’interno di uno specifico programma di stage aziendale. L’esperienza le ha consentito di arrivare al lavoro dei suoi sogni come amministratore di sperimentazione clinica presso Novo Nordisk nell'aprile 2017.
“Durante il mio stage presso Novo Nordisk, ho preso coscienza dei miei punti di forza e delle mie capacità. Ma ciò che ha fatto di questo stage un'esperienza rivoluzionaria è che tutti quelli che ho incontrato mi hanno bene accolto. Mi hanno aiutato a sviluppare la mia autostima professionale e mi hanno aiutato a sviluppare le mie capacità. E lo hanno fatto per sincera preoccupazione per me. Non lo dimenticherò mai”.
Per Rania, il programma di stage è stata un’esperienza di successo che ha favorito il suo inserimento lavorativo, offrendole una grande opportunità.
Un susseguirsi di scelte individuali e familiari supportate dalle associazioni locali
"Ho lasciato il mio paese perché avevo problemi con il governo; là avevo una grande azienda e a causa della corruzione locale dovevo sempre pagare per poter lavorare. Ho deciso di porre fine a tutto questo. Volevo proteggere la mia famiglia. Quando ho deciso di andarmene, non sapevo dove andare, ma conoscevo la Francia. Ho immaginato la Francia come un paese di libertà; secondo me la Francia è l'unico paese del pianeta in cui possiamo trovare libertà e uguaglianza.
Siamo arrivati con mia moglie e mio figlio a Clermont in autobus. Abbiamo chiesto subito protezione allo Stato francese, attraverso la prefettura. Siamo stati ben accolti fin dall'inizio. Siamo stati alloggiati in un hotel per circa un mese dalla prefettura e poi siamo stati alloggiati in un CADA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) dall'associazione CECLER. Nostro figlio andava a scuola. Sei mesi dopo il nostro arrivo in Francia, siamo stati inviati ad un altro CADA. Lì abbiamo incontrato persone di diverse nazionalità. Per noi è stato molto importante perché dovevamo parlare francese. Il nostro alloggio era arredato e pulito. Un'associazione in loco, "Les restos du cœur", ha impartito lezioni di francese. Nostro figlio era ancora in età scolare.
Per quanto riguarda il lavoro, c'è voluta molto volontà e alla fino sono io che ho scelto quello che faccio. Volevo decidere io, non volevo fare qualsiasi cosa; avevo in mente la mia idea. In CADA mi annoiavo e soprattutto volevo ricambiare l’accoglienza offertaci. Ho lavorato come volontario presso l’associazione caritatevole Emmaus utilizzando le mie capacità di falegnameria e falegnameria. L’OFPRA (Ufficio Francese di Protezione dei Rifugiati e Apolidi) ci ha concesso la protezione internazionale e abbiamo firmato il contratto di accoglienza e integrazione a Clermont. Grazie a questo riconoscimento, ho potuto seguire corsi di francese continuando il mio lavoro a Emmaus. Ho fatto buoni progressi.
Dato che avevo lasciato la patente in Armenia, non potevo guidare. Era un grosso problema, non ero autonomo e dipendevo dagli altri. Io e la mia famiglia eravamo bloccati, non potevamo muoverci. E' stato il Centro per l’Impiego a finanziare la mia patente di guida. Ho studiato di notte per imparare a memoria tutte le parole per passare l’esame, che ho superato al primo colpo. Poi, quando ho ricevuto la patente, ho preso un credito dalla banca per comprare un veicolo. Con l'auto, ho distribuito volantini per 26 mesi. Lo stipendio era molto variabile e la situazione piuttosto instabile. Il direttore di Emmaus mi ha apprezzato e mi ha dato molti consigli. Ho fatto un corso di formazione presso un’agenzia formativa (AFPA) in carpenteria e ferramenta, ma nessuno voleva assumermi dopo questo addestramento. Inoltre io volevo realizzare la mia idea e non volevo fare qualsiasi cosa. I miei amici mi hanno dato informazioni, mi hanno aiutato a capire come funzionano le cose. Così sono andato alla Camera dei Mestieri per vedere come creare la mia impresa e ho fatto la formazione di 4 giorni; ho pagato per la mia formazione e ho ricevuto i documenti per diventare lavoratore autonomo. Oggi lavoro bene, sono in contatto con i negozi di mobili che mi chiamano per montare i mobili presso i clienti.
Diverse cose sono state importanti per me, il caloroso benvenuto della Francia al nostro arrivo e una buona sistemazione. E’ stato importante avere molte relazioni con i francesi. Direi che oggi il 70% delle nostre relazioni sono francesi. Ma la cosa più importante per me era che sapevo ciò che volevo, volevo lavorare e non volevo essere gestito da altri. Desideravo la libertà di fare quello che volevo e una buona vita!
Ora desidero avere una casa mia, questo è il prossimo progetto".
Validazione del diploma in attesa di creare la propria impresa
Patricia è arrivata in Spagna nel 1997 dall'Ecuador, dove si era laureata in economia aziendale. Fino al 2011, quando ha perso il lavoro, non si è preoccupata della convalida delle sue conoscenze precedenti, poiché non ha avuto difficoltà a trovare lavoro in Spagna, anche se sempre in lavori non qualificati. Dal 2011 al 2017, quando non è riuscita a trovare un'occupazione permanente a tempo pieno, si è dovuta rivolgere all'assistenza sociale. In seguito è stata trasferita all'ufficio di collocamento di Solidaridad Sin Fronteras. Ha presentato il suo caso all'assistente sociale, che l'ha guidata attraverso il processo di validazione del suo diploma, processo che dura più di un anno in Spagna. Allo stesso tempo, si è sottoposta a 6 mesi di formazione per migliorare le sue capacità digitali e imprenditoriali, durante i quali ha dovuto sviluppare un business plan in attesa della validazione. Con il sostegno di Solidaridad Sin Fronteras, ha ottenuto una borsa di studio per finanziare la sua idea imprenditoriale: un ristorante "arepas" ad Alcorcón, una città vicino a Madrid.
Superare le barriere linguistiche e la mancanza di competenze per il lavoro
Seedy è arrivato in Spagna nel 2009 quando è scoppiata la crisi finanziaria, ma il suo status giuridico non è stato regolarizzato fino alla fine del 2018, così ha dovuto svolgere un lavoro duro e mal pagato senza essere in regola. Durante questi lavori non ha avuto l'opportunità di imparare correttamente lo spagnolo. Quando i servizi sociali hanno indirizzato Seedy ai servizi per l'impiego di Solidaridad Sin Fronteras, ha iniziato un viaggio incentrato sull'acquisizione delle competenze chiave per adattarsi alle esigenze del mercato del lavoro spagnolo. In Gambia non aveva studiato, ma il vero problema era la mancanza di padronanza della lingua spagnola.
Seedy ha seguito un duplice itinerario: mentre acquisiva le competenze necessarie per lavorare, ha migliorato il suo livello di spagnolo. Questo gli ha permesso di ottenere un contratto come magazziniere in un supermercato. Oggi, Seedy continua ad utilizzare i servizi per l'impiego di SSF e il suo livello di spagnolo sta migliorando grazie alla combinazione di corsi di spagnolo e utilizzo continuo della lingua sul lavoro.
Adattamento ai bisogni del migrante
Blanca, 40 anni, colombiana, inserita in Spagna da oltre 10 anni; divorziata con tre figli a carico. Esperienza come cameriera in Colombia con un diploma non riconosciuto, non inseriti nel CV. Il professionista dalla narrazione di Blanca, ha capito le priorità e le nuove aspettative professionali di Blanca (sin dall'inizio ha mostrato che non era interessata alla ricerca di lavori da cameriera). Allo stesso tempo ha identificato la sua mancanza di competenze in strumenti digitali e l’ha motivata a sperimentarsi in questo ambito inserendola in percorsi formativi e sostenendola nell’auto-apprendimento con successo. Il caso è emblematico a testimonianza del fatto che è importante tenere conto dell'esperienza migratoria e pre-migrazione, ma anche rispettare i bisogni della persona nel momento della presa in carico.
La valorizzazione della diversità per favorire una più rapida inclusione
Jacqueline, 32 anni, camerunese, arrivata in Italia nel 2016. È stata presa in carico dai servizi sociali per i rifugiati e i beneficiari di protezione internazionale. Imparare l'italiano non è stato difficile per lei che aveva un buon livello di istruzione.
Ora ha due tipi di occupazione, a seconda dei periodi stagionali: in inverno lavora in un ospizio, mentre nel resto dell'anno lavora in una cooperativa agricola dove è impegnata nella coltivazione di frutta e verdura, oltre che nella trasformazione dei prodotti. Con la passione della cucina, si è avvicinata alle ricette italiane e ha imparato a realizzare marmellate, composte, salse e altri prodotti tipici piemontesi. Col tempo ha iniziato a rielaborarle contaminandole con la cucina africana. E' orgogliosa di aver inventato una nuova salsa che è un misto di cucina africana e italiana. Il prodotto è in vendita col nome di "Salsa Jacqueline".
E’ stata proprio la valorizzazione della diversità culturale a fare la differenza. Il lavoro nell'ospizio è solo un ripiego per guadagnare soldi tutto l'anno, ma la sua vera passione è lavorare nella cooperativa, dove può inventare nuovi prodotti. Il suo italiano è eccellente. Non parla della sua vita precedente, perché ora non è così importante. Si sente davvero inclusa nella comunità di Torino.
Il volontariato come occasione di apprendimento linguistico e accelerazione all’inserimento lavorativo
“Sono arrivata in Francia con mio marito e mio figlio; ero incinta. Conoscevo solo poche parole di francese: «ciao», «arrivederci», «grazie», «non capisco». Avevo studiato musica in Georgia dove lavoravo da 11 anni come insegnante di musica e canto. Dal mio arrivo in Francia il mio primo obiettivo è stato imparare la lingua. Guardavo molto la TV e seguivo i compiti scolastici di mio figlio e questo mi ha aiutato a migliorare il mio francese. Ho fatto la formazione obbligatoria e molti corsi di francese quando ero al CADA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo). Poi, dopo aver firmato il contratto di accoglienza e integrazione sono stata inviata all’ufficio GRETA (in Francia è un raggruppamento di enti pubblici per l’educazione degli adulti). Successivamente ho fatto altra formazione di 600 ore con il Centro per l’Impiego.
Imparare la lingua mi ha aperto le porte: ero in grado di parlare e spiegare ciò di cui avevo bisogno; potevo esprimermi e dire ciò che pensavo. Qui la gente pensa liberamente e non bisogna avere paura di parlare.
Il contatto con l'assistente sociale del centro per i richiedenti asilo è stato molto importante. Volevo continuare a lavorare nel campo della musica come insegnante e dovevo trovare qualsiasi cosa da fare. Così dopo la nascita del mio secondogenito, mi sono offerta come volontaria all'asilo e in chiesa per i festival musicali dove suonavo uno strumento del mio paese. Ora suono per le feste di quartiere, con l'orchestra sinfonica del conservatorio musicale e canto in un coro come solista. Un giorno mi è stata offerta una sostituzione al conservatorio come insegnante di pianoforte. Da allora faccio numerose sostituzioni.
In Francia c’è molta assistenza sociale, soprattutto a livello sanitario. Sono stata seguita molto bene durante la maternità del mio secondo figlio. Qui le donne hanno più diritti, ma non ho trovato grosse differenze di mentalità rispetto al mio paese; abbiamo le stesse feste religiose. Inoltre io vivevo in una piccola cittadina, proprio come qua. Mio figlio si è adattato molto bene.
L'anno scorso io ho conseguito il livello B1 e ho potuto richiedere la naturalizzazione. Oggi sono molto felice di essere in Francia"
Motivazione e auto-efficacia generano un circolo virtuoso nell’apprendimento della lingua
Marine, 40 anni, è arrivata in Italia dalla Costa d’Avorio nel 2014. Durante la guerra civile aveva lasciato il paese per andare in Libia, dove le condizioni di vita erano dure e pericolose; così decise di fuggire e arrivò in Italia via mare. Era analfabeta e aveva una scarsa conoscenza del francese parlato. La sua alfabetizzazione è coincisa con l’apprendimento dell’italiano. E’ stata seguita da una cooperativa che lavora coi rifugiati ed è stata inserita in un programma di alfabetizzazione dove ha imparato a scrivere e leggere in italiano. E’ stato davvero difficile per lei: si vergognava rispetto ai suoi compagni, tutti rifugiati adulti ma con un'istruzione superiore, ma era molto motivata ad imparare l'italiano: il suo impegno era a tempo pieno perché dopo la scuola continuava a studiare italiano. La TV con l’uso dei sottotitoli in italiano è stata una grande fonte di autoapprendimento. Marine si dava piccoli e semplici obiettivi giornalieri e settimanali di auto- apprendimento e viveva ogni obiettivo raggiunto come un successo che la spingeva a fissarne di nuovi e più alti. Ora legge e parla correttamente e ha solo qualche problema di scrittura. Si sente molto grata e dice che "l'hanno fatta diventare una persona". Lavora come cuoca in un centro di accoglienza per minori non accompagnati ed è in grado di mantenersi. E' molto orgogliosa di se stessa anche se le ferite della sua precedente vita in Africa sono ancora aperte, ma ha nuovi progetti per il futuro: studiare per diventare cuoca certificata e imparare il francese.